IL CORRIERE VINICOLO (versione on line / 19 maggio 2016)

CELLINO SAN MARCO – Assunta De Cillis, dopo una parentesi di sei anni in cui si è dedicata a tempo pieno alla professione forense, nel 2015 è ritornata ai vertici di Cantine Due Palme

Un avvocato con la passione per il mondo del vino

Un avvocato con la passione per il mondo del vino






CELLINO SAN MARCO (Brindisi) - Un avvocato con la passione per il mondo del vino. Assunta De Cillis è di nuovo nella squadra del presidente Angelo Maci. Entrata in “Cantine Due Palme” nel 1995, ha ricoperto l’incarico di direttore generale della cooperativa di Cellino San Marco dal 2004 al 2009. Dopo una parentesi di sei anni in cui si è dedicata a tempo pieno alla professione forense, nel 2015 è ritornata ai vertici dell’azienda con lo stesso incarico: direttore generale di una delle più grandi cooperative vitivinicole del Sud (oltre 1000 soci per circa 2500 ettari vitati nelle province di Brindisi, Lecce e Taranto). De Cillis, laureata in Giurisprudenza nel 1998, ha anche ricoperto l’incarico di presidente del “Corsorzio opera” (dal 2006 al 2009) e di amministratore delegato della “Masseria Li Veli” (dal 1999 al 2002). Parla perfettamente l’inglese ed ha un’eccellente conoscenza dei mercati internazionali del vino. All’avvocato De Cillis abbiamo rivolto alcune domande.


Il mondo del vino: una scelta o un’opportunità?

E’ stata un’opportunità che mi ha offerto Angelo Maci. Un giorno, nel 1995, mi ha proposto di occuparci insieme di Due Palme. Aveva deciso di dare una svolta produttiva alla cantina e di puntare al vino imbottigliato. Fino a quel momento la cooperativa, fondata nel 1989, aveva venduto solo prodotto sfuso. Quando mi ha parlato di questo progetto, fui molto perplessa. Non mi ero mai occupata di vino e di viticoltura. Ma lui, cui ero legata sentimentalmente, riusciva a trasmettermi l’amore e la passione per il suo lavoro. Così ho deciso di accettare la sfida. Il presidente mi ha preso per mano e abbiamo iniziato la nuova avventura, pur essendo astemia.

Qual è stato l’impatto iniziale in Cantina?

Ho percorso tutte le tappe. Mi sono voluta rendere conto delle problematiche dell’intera filiera. Dalla vigna al prodotto finito: era importante capire tutto, per dare il meglio di me.

Il suo è stato un ritorno. Ma perché ha lasciato la cantina per sei anni?

Io e il presidente Maci abbiamo iniziato insieme il percorso di rilancio dell’azienda. Posso dire che la nostra era una sinergia perfetta, fondata su comuni intenti, profondamente condivisi. Quello, per me, prima ancora di un progetto professionale, rappresentava un entusiasmante percorso di vita. Abbiamo viaggiato tanto per promuovere il nostro prodotto, non risparmiandoci mai. All’inizio abbiamo fatto di tutto all’interno dell’azienda. In certi momenti abbiamo perfino attaccato lo scotch ai cartoni di bottiglie, abbiamo anche sciolto i lieviti nell’acqua calda girando con il bastone. Sono cose stupende che solo due persone che si stimano e si vogliono bene possono fare. Tutto quello che abbiamo costruito, lo abbiamo fatto con la forza dell’amore. Ad un certo punto, per varie vicissitudini, il nostro legame matrimoniale è venuto meno. E nel 2009, ritenendo che il rapporto personale fra me e il presidente fosse assolutamente propedeutico a quello professionale, ho deciso di allontanarmi. Così mi sono dedicata esclusivamente all’attività di avvocato.


Fino al 2015. Poi è rientrata in azienda. Perché questo ripensamento?

Quando sono uscita da Due Palme ho avuto molte offerte di lavoro, ma ho sempre rifiutato, anche se il mondo del vino mi mancava. Fra me e il presidente Maci, peraltro, il rapporto di stima reciproca non è mai venuto meno. Così, quando mi è stato riproposto di tornare in azienda, mi sono resa conto che il mio amore per la Cantina non era legato soltanto al mio rapporto personale con il presidente. La mia collaborazione con Due Palme, insomma, poteva proseguire indipendentemente.

Quali sono le cose che la entusiasmano di più nel suo lavoro?

La sfida. Amo poi molto confrontarmi, magari anche in maniera dura. Secondo me il confronto è sempre costruttivo. Quello che non sopporto sono l’indolenza, la superficialità e il menefreghismo. Apprezzo molto le persone che si impegnano e le donne che combattono.

Semplice o complicato essere al vertice di una grande cooperativa di soci formata prevalentemente da uomini?

Io ritengo che qualsiasi posizione occupata da una donna che deve assumersi responsabilità, sia complicata. A volte essere una donna è un’aggravante. Le decisioni prese da una donna sono più difficili da accettare e se sono scomode vengono attribuite ad aspetti caratteriali. Ritengo che una donna debba fare il doppio della fatica per dimostrare il suo valore.

Esiste una visione al femminile del mercato e della scelta dei prodotti da lanciare?

Secondo me sì. L’esperienza che ho fatto nel commerciale, mi ha insegnato che le donne hanno un approccio diverso rispetto all’uomo; sono più percettive, molto più sensibili e intuitive. Se un prodotto piace ad una donna, ha moltissime possibilità di successo. Devo aggiungere, nel mio caso, che il presidente sostiene molto le mie scelte.

Cosa rappresenta per Lei il successo nel lavoro?

Non mi sono mai ritenuta una persona di successo. Ritengo il successo, inteso come raggiungimento di un risultato, solo una tappa di un obiettivo complessivo. Per me non esiste il successo, ma solo sfide continue da affrontare con impegno, abnegazione e scelte radicali. Ho sacrificato la mia vita personale per il lavoro.

Qual è la sua giornata tipo?

In piedi alle sette, colazione e poi coccole al cagnolino di mia madre. Poi subito in macchina per raggiungere Cellino San Marco. Arrivo in azienda verso le otto e poi a lavoro fino a sera. Tutto ciò, naturalmente, se non sono in giro per il mondo a promuovere i nostri prodotti.

Come sono i rapporti con i dipendenti, i soci e i colleghi?

La gestione delle risorse umane per me è al primo posto. Essi devono essere assolutamente buoni, di complicità e di condivisione totale. Per il successo dell’azienda è importante che questi rapporti funzionino.

Chi sceglie i dipendenti?

La maggior parte delle persone con le quali collaboro le abbiamo scelte io e il presidente. I dipendenti devono dimostrare voglia di impegnarsi e capacità di ascolto, ma anche capacità di proporre e realizzare.

Ci sono stati per Lei momenti di scoramento?

Quello che mi intristisce molto è quando il mio modo di essere e di affrontare le situazioni viene scambiato per arroganza e per totalitarismo. Ma in molte situazioni, quando si affrontano problemi importanti ed è necessario assumersi responsabilità, un attimo di distrazione può compromettere il raggiungimento degli obiettivi. Ecco, in quei momenti, quando non è possibile la condivisione, vengo fraintesa. Ma poi, quegli stessi atteggiamenti rigidi, a risultati raggiunti, vengono riconosciuti giusti.

E il momento di maggiore soddisfazione professionale?

Quando abbiamo vinto la prima medaglia d’oro al Vinitaly con il nostro “Salice Salentino Selvarossa”, nel 2001. All’epoca eravamo degli illustri sconosciuti.

Cosa ha rappresentato l’innovazione per Due Palme?

La visione e la capacità del nostro presidente di intuire le cose prima degli altri, hanno fatto la differenza. Mentre molte cooperative puntavano ancora alla vendita di prodotto sfuso, noi abbiamo scelto di cambiare e di investire sull’imbottigliamento e sull’innovazione, senza mai abbandonare la nostra tradizione, le peculiarità produttive del territorio e la scelta di puntare sulla qualità attraverso un’accurata selezione delle uve.

Quali le prospettive aziendali?

Abbiamo recentemente incorporato la cantina di Arnesano-Monteroni, dell’area doc “Copertino”, la quarta cantina che entra così nel palmares di Due Palme. La nostra gamma, pertanto, sarà completa di una nuova prestigiosa tipologia di vino che affiancherà quelle già esistenti: Salice Salentino, Primitivo di Manduria, Squinzano e Brindisi. In questi giorni abbiamo lanciato “Amaluna”, un vino spumantizzato in cantina con i nostri nuovi impianti, ottenuto dalla vinificazione in bianco di uve di Negroamaro. E’ la sfida per il futuro, un progetto cui il presidente Maci ed io crediamo moltissimo. La nostra ambizione è dimostrare che il Negroamaro non è ottimo solo per i rossi, ma anche per ottenere vini bianchi e bollicine di qualità. La nostra è una scommessa culturale; ci piace l’idea che le bollicine da Negroamaro vengano percepite come il Prosecco del Sud. Con la selezione del presidente, formata dalle riserve Selvarossa, 1943 e Ettamiano, puntiamo ad essere presenti in Horeca e Superhoreca, attraverso una distribuzione in esclusiva. Si tratta, in poche parole, di prodotti che non saranno mai presenti nella Gdo. La forza di Due Palme, inoltre, è anche la cosiddetta democratizzazione del vino che non trascura mai l’obiettivo di offrire un buon bicchiere al giusto prezzo. Il mantenimento dell’ottimo rapporto qualità-prezzo è uno dei fattori che contribuisce al successo di Due Palme.

Il suo consiglio ad una giovane imprenditrice o dirigente che volesse affacciarsi al mondo vinicolo?

Di impegnarsi e di avere grande forza di volontà. E di non trascurare mai la conoscenza profonda del settore.
 
Rosario Faggiano