LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO (pag. Le/III - 28 giugno 2010)
LA SPECULAZIONE – “Il pane costa fino a 300 euro il quintale e la farina 20: non c’è una sproporzione spaventosa?”. A rischio la sopravvivenza di molte imprese locali
Trasparenza e filiera, ecco le parole chiave scaccia-crisi di Coldiretti e Cia
La protesta dei produttori è pienamente condivisa dalle organizzazioni di categoria. Secondo il presidente provinciale della Coldiretti, Pantaleo Piccinno, l’attuale crisi del grano duro sarebbe dovuta, oltre che a forti speculazioni di mercato, anche all’invasione di prodotto estero a basso prezzo. Dello stesso parere è anche il presidente della Cia Vito Murrone il quale, per fronteggiare la situazione e riportare equilibrio nel settore, propone più controlli e un nuovo “patto di filiera”.
“La forte volatilità dei prezzi dei prodotti agricoli – avverte Pantaleo Piccinno - sta mettendo a serio rischio la sopravvivenza delle nostre imprese. L’attuale prezzo rende passiva la coltivazione di grano duro, e questo sta determinando il pericoloso abbandono di terre fertili. E’ necessario quindi riuscire a garantire una stabilità dei prezzi. Per arrivare a questo sono necessari interventi di mercato innovativi, quali le assicurazioni sul reddito, da introdurre nell’ambito della prossima riforma di mercato della politica agricola comune. Ma per rimanere più nell’ambito della nostra realtà, riteniamo siano necessari due ulteriori provvedimenti. Nel nostro Paese entra un quantitativo di grano duro quasi pari al quantitativo prodotto in Italia. Di questo, però, il consumatore non sa nulla perché i produttori di pasta, inclusi quelli che nelle loro etichette espongono simboli che si richiamano al nostro territorio, non sono obbligati a dichiarare la provenienza del grano utilizzato. E’ necessario, pertanto, che l’Unione Europea introduca misure di trasparenza, quale l’obbligo di indicare l’origine dei prodotti agricoli impiegati negli alimenti per consentire ai consumatori di fare scelte di acquisto consapevoli. Il secondo provvedimento che si richiede – conclude - è il rafforzamento del settore primario all’interno della filiera alimentare per evitare quelle distorsioni per le quali, a fronte di una costante riduzione dei prezzi all’origine, si assiste al costante aumento dei prezzi dei prodotti alimentari al consumo, come è successo per la pasta”.
Nei porti italiani attualmente arriva grano duro da molti paesi esteri. A Savona si scarica prodotto proveniente dalla Turchia, dal Messico, dal Canada, dagli Usa, dalla Grecia e dalla Spagna; ad Ancona arriva grano turco, canadese e statunitense; a Ravenna prodotto greco; a Bari grano proveniente dall’Ucraina, dal Kazakhistan, dall’Australia, dal Canada e dal Messico; a Livorno grano francese.
“Ormai – dice Murrone - per la pasta prodotta in Italia vengono impiegati grani duri per il 50-60 per cento di origine estera, con seri problemi di qualità e sanità del prodotto. La nostra organizzazione ha denunciato questa situazione preoccupante rilanciando con forza l’esigenza di attivare un più incisivo tavolo di confronto per trovare soluzioni adeguate che possano permettere di salvare un importante settore della nostra agricoltura. Bisogna arrivare – conclude - ad un vero patto di filiera con il coinvolgimento delle istituzioni, dei consumatori e di tutti gli altri soggetti interessati, compreso le imprese agricole, di stoccaggio, di trasformazione, sementiere e di distribuzione”. (r.f.)
Articolo pubblicato nell’ambito del servizio sulla crisi del gravo (vedi altri articoli del 28-6-10)
“La forte volatilità dei prezzi dei prodotti agricoli – avverte Pantaleo Piccinno - sta mettendo a serio rischio la sopravvivenza delle nostre imprese. L’attuale prezzo rende passiva la coltivazione di grano duro, e questo sta determinando il pericoloso abbandono di terre fertili. E’ necessario quindi riuscire a garantire una stabilità dei prezzi. Per arrivare a questo sono necessari interventi di mercato innovativi, quali le assicurazioni sul reddito, da introdurre nell’ambito della prossima riforma di mercato della politica agricola comune. Ma per rimanere più nell’ambito della nostra realtà, riteniamo siano necessari due ulteriori provvedimenti. Nel nostro Paese entra un quantitativo di grano duro quasi pari al quantitativo prodotto in Italia. Di questo, però, il consumatore non sa nulla perché i produttori di pasta, inclusi quelli che nelle loro etichette espongono simboli che si richiamano al nostro territorio, non sono obbligati a dichiarare la provenienza del grano utilizzato. E’ necessario, pertanto, che l’Unione Europea introduca misure di trasparenza, quale l’obbligo di indicare l’origine dei prodotti agricoli impiegati negli alimenti per consentire ai consumatori di fare scelte di acquisto consapevoli. Il secondo provvedimento che si richiede – conclude - è il rafforzamento del settore primario all’interno della filiera alimentare per evitare quelle distorsioni per le quali, a fronte di una costante riduzione dei prezzi all’origine, si assiste al costante aumento dei prezzi dei prodotti alimentari al consumo, come è successo per la pasta”.
Nei porti italiani attualmente arriva grano duro da molti paesi esteri. A Savona si scarica prodotto proveniente dalla Turchia, dal Messico, dal Canada, dagli Usa, dalla Grecia e dalla Spagna; ad Ancona arriva grano turco, canadese e statunitense; a Ravenna prodotto greco; a Bari grano proveniente dall’Ucraina, dal Kazakhistan, dall’Australia, dal Canada e dal Messico; a Livorno grano francese.
“Ormai – dice Murrone - per la pasta prodotta in Italia vengono impiegati grani duri per il 50-60 per cento di origine estera, con seri problemi di qualità e sanità del prodotto. La nostra organizzazione ha denunciato questa situazione preoccupante rilanciando con forza l’esigenza di attivare un più incisivo tavolo di confronto per trovare soluzioni adeguate che possano permettere di salvare un importante settore della nostra agricoltura. Bisogna arrivare – conclude - ad un vero patto di filiera con il coinvolgimento delle istituzioni, dei consumatori e di tutti gli altri soggetti interessati, compreso le imprese agricole, di stoccaggio, di trasformazione, sementiere e di distribuzione”. (r.f.)
Articolo pubblicato nell’ambito del servizio sulla crisi del gravo (vedi altri articoli del 28-6-10)