LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO (pag. Le/XII del 25 ottobre 2009)
SALICE – IL Consorzio interviene per bloccare l’immissione sul mercato di vino sfuso di bassa qualità
Salice Salentino, un prezzo doc che tuteli origine e genuinità
Il costo minimo deve oscillare tra i 4.50 ed i 5.50 euro
“Sono necessari controlli serrati e una seria politica di etichettatura che indichi la zona di provenienza”
SALICE – Basta con l’immissione sul mercato di vino sfuso di bassa qualità spacciato per Salice Salentino. Il Consorzio di tutela di una delle più importanti doc pugliesi sceglie la linea della fermezza per bloccare il dilagare della commercializzazione di prodotto non ottenuto dai vigneti pregiati di negroamaro. È una battaglia che nei giorni scorsi il Consiglio del Consorzio ha deciso all’unanimità di avviare fissando, per la prima volta, il prezzo del vino. Il Salice Salentino sfuso, insomma, da oggi non potrà mai scendere al di sotto dei 4.50 euro grado/ettogrado, nonché al di sotto di 5.50 euro grado/ettogrado per la riserva. Ciò significa che un quintale di vino di 13 gradi alcolici non potrà essere venduto a meno di 58.50 euro, e a meno di 71.50 nel caso di riserva.
Questa direttiva, che per avere successo dovrà essere rigorosamente applicata in primo luogo dai numerosi soci e dalle diverse aziende che aderiscono al Consorzio, viene presentata come un “chiaro messaggio” indirizzato soprattutto ai commercianti dell’Italia settentrionale e dell’Europa.
“Abbiamo deciso senza se e senza ma di avviare un percorso di trasparenza e valorizzazione del prodotto, partendo proprio dal nostro interno - dice il presidente del Consorzio Angelo Maci - La battaglia per bloccare gli ingenti quantitativi di vino, di dubbia provenienza e qualità, venduto sfuso in Italia e all’estero, imbottigliato fuori dalla Puglia e rivenduto sui mercati nazionali ed internazionali come Salice Salentino, va implementata e resa più efficace. Manipolazioni e triangolazioni sono divenute pratiche piuttosto diffuse, a danno sia degli imprenditori vitivinicoli che hanno scelto la strada della qualità, anche se difficile e costosa, che dell’immagine complessiva della vitivinicoltura pugliese. Si assiste, infatti, a fenomeni ai limiti della speculazione, dove prodotto di scarsa qualità invade il mercato a prezzi stracciati, determinando effetti distorsivi e creando una concorrenza sleale rispetto al Salice Salentino di alta qualità venduto a costi, per ovvie ragioni, meno competitivi. È necessario che si attivino controlli serrati e che si dia seguito ad una seria politica di etichettatura che indichi la zona di provenienza dell’uva da vino e dove e da chi il prodotto sia vinificato ed imbottigliato. Suggeriamo la stessa linea di condotta anche agli altri Consorzi di tutela del Salento, in modo da affrontare sinergicamente il problema che colpisce la produzione vitivinicola salentina e l’intero territorio pugliese. E’ l’unico strumento che abbiamo – conclude Maci - per dare certezza di reddito agli operatori del settore, i superstiti della viticoltura di qualità che donano ricchezza al territorio che alcuni vogliono trasformare in una distesa di pale eoliche e di impianti fotovoltaici”.
Il Salice Salentino ottenne il riconoscimento del marchio doc nel 1976. In provincia di Lecce interessa i territori di Salice, Veglie, Guagnano e parte di Campi; in provincia di Brindisi, invece, interessa San Pancrazio, San Donaci e parte di Cellino San Marco.
Questa direttiva, che per avere successo dovrà essere rigorosamente applicata in primo luogo dai numerosi soci e dalle diverse aziende che aderiscono al Consorzio, viene presentata come un “chiaro messaggio” indirizzato soprattutto ai commercianti dell’Italia settentrionale e dell’Europa.
“Abbiamo deciso senza se e senza ma di avviare un percorso di trasparenza e valorizzazione del prodotto, partendo proprio dal nostro interno - dice il presidente del Consorzio Angelo Maci - La battaglia per bloccare gli ingenti quantitativi di vino, di dubbia provenienza e qualità, venduto sfuso in Italia e all’estero, imbottigliato fuori dalla Puglia e rivenduto sui mercati nazionali ed internazionali come Salice Salentino, va implementata e resa più efficace. Manipolazioni e triangolazioni sono divenute pratiche piuttosto diffuse, a danno sia degli imprenditori vitivinicoli che hanno scelto la strada della qualità, anche se difficile e costosa, che dell’immagine complessiva della vitivinicoltura pugliese. Si assiste, infatti, a fenomeni ai limiti della speculazione, dove prodotto di scarsa qualità invade il mercato a prezzi stracciati, determinando effetti distorsivi e creando una concorrenza sleale rispetto al Salice Salentino di alta qualità venduto a costi, per ovvie ragioni, meno competitivi. È necessario che si attivino controlli serrati e che si dia seguito ad una seria politica di etichettatura che indichi la zona di provenienza dell’uva da vino e dove e da chi il prodotto sia vinificato ed imbottigliato. Suggeriamo la stessa linea di condotta anche agli altri Consorzi di tutela del Salento, in modo da affrontare sinergicamente il problema che colpisce la produzione vitivinicola salentina e l’intero territorio pugliese. E’ l’unico strumento che abbiamo – conclude Maci - per dare certezza di reddito agli operatori del settore, i superstiti della viticoltura di qualità che donano ricchezza al territorio che alcuni vogliono trasformare in una distesa di pale eoliche e di impianti fotovoltaici”.
Il Salice Salentino ottenne il riconoscimento del marchio doc nel 1976. In provincia di Lecce interessa i territori di Salice, Veglie, Guagnano e parte di Campi; in provincia di Brindisi, invece, interessa San Pancrazio, San Donaci e parte di Cellino San Marco.
Rosario Faggiano