LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO (pag. Le/IX del 31 ottobre 2009)

LE PROPOSTE – Studiosi riuniti a Lecce

Giustizia, altolà alla riforma ora al vaglio del Senato

LECCE - “Nell’attuale momento storico, caratterizzato da tensioni tra politica e magistratura, qualsiasi riforma del processo penale rischia di approdare a risultati insoddisfacenti sotto la spinta deviante delle contrapposizioni che impediscono di legiferare con il giusto equilibrio tra esigenze di garanzia e tutela della collettività dal delitto”. E’ questa la posizione dell’Associazione tra gli studiosi del processo penale “G.D. Pisapia” espressa in un documento approvato al termine del convegno, tenutosi di recente a Lecce, sul tema “Il rito accusatorio a vent’anni dalla grande riforma”. L’incontro, di livello nazionale, è stato promosso dalla stessa Associazione e dal Dipartimento di studi giuridici dell’Università del Salento d’intesa con l’Accademia dei Lincei e il Centro Studi “De Petro”. Sono intervenuti, fra gli altri, circa 200 docenti di procedura penale provenienti da tutti gli atenei d’Italia, nonché numerosi magistrati ed avvocati.
Nelle premesse del documento dell’Associazione, nel ribadire che “il modello accusatorio recepito nel codice del 1989 mantiene tuttora la sua vitalità, nonostante le numerose e profonde modificazioni subite dall’impianto normativo”, viene sottolineato che “per recuperare e rafforzare lo spirito del 1989 occorre attribuire maggiori poteri di controllo al giudice delle indagini preliminari”. In riferimento al progetto di riforma già approvato dalla Camera e attualmente all’esame del Senato, il documento formula poi alcuni rilievi riguardanti la separazione delle carriere, le intercettazioni di comunicazioni e conversazioni, il rapporto tra polizia giudiziaria e pubblico ministero.
“Queste proposte di riforma – dice Rossano Adorno, docente universitario e componente la segreteria scientifica del convegno – toccano nodi cruciali del processo penale. Il nostro documento, pertanto, ha uno scopo propositivo per il Parlamento. Riguardo alla separazione delle carriere, l’Associazione ritiene che la divaricazione tra le posizioni dei magistrati requirenti e giudicanti può essere un utile strumento per assicurare la terzietà del giudice, a condizione che rimanga ferma l’indipendenza del pubblico ministero dal potere esecutivo e conservato il principio di obbligatorietà dell’azione penale. Quanto al disegno di legge in tema di intercettazioni, non sembra condivisibile la scelta di ridurre l’elenco dei reati per i quali tale strumento investigativo è consentito; come pure desta perplessità la individuazione del presupposto nell’esistenza di evidenti indizi di colpevolezza. Richiedere che sia già dimostrata la probabile responsabilità dell’indagato renderebbe inutile il ricorso all’intercettazione. Viceversa, appare necessario rafforzare la garanzia della motivazione del provvedimento autorizzativo, imponendo che sia dimostrato uno specifico collegamento tra le comunicazioni che si intendono intercettare e i reati per cui si procede”.
Quanto al tema “bollente” delle intercettazioni, l’Associazione ha poi ribadito che quelle non rilevanti a fini processuali devono restare sempre coperte da segreto.
“Per quanto riguarda, infine, i rapporti tra polizia giudiziaria e pm – aggiunge il professore Adorno - c’è grossa preoccupazione perché la programmata riforma demanda in via esclusiva alla polizia giudiziaria il potere di acquisizione diretta della notizia di reato e attenua il vincolo funzionale tra la stessa e il rappresentante dell’accusa. Tale opzione, che affida ad un organo dipendente dall’Esecutivo l’iniziativa investigativa e le consequenziali scelte di indirizzo appare censurabile con riferimento agli articoli 109 e 112 della Costituzione”.
Rosario Faggiano