LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO (pag. Le/XII - 16 febbraio 2010)

SALICE – L’opposizione di centrodestra e il Psi chiedono chiarimenti all’esecutivo

“Fotovoltaico selvaggio”, l’Amministrazione comunale contro la decisione dei giudici

SALICE – “L’ordinanza del Consiglio di Stato a favore delle piccole centrali fotovoltaiche a ridosso del centro abitato deve essere riformata perché emessa in difetto di notifica valida”. E’ questa l’opinione dell’assessore Francesco Fina (Pd) a proposito del recente provvedimento che il massimo organo di giustizia amministrativa ha adottato a seguito di un ricorso promosso da privati contro una precedente sentenza del Tar. Il Consiglio di Stato, in pratica, ha stabilito che il Comune, sulla base degli obiettivi comunitari in materia di fonti energetiche rinnovabili, nel suo territorio non può porre vincoli di distanze minime per la costruzione di impianti da 1 megawatt. Questa vicenda, peraltro, ha determinato l’immediata reazione dell’opposizione rappresentata dal consigliere Giampiero Manno (Pdl) e dal segretario del Psi Marco Ligori i quali, preso atto della mancata costituzione del legale del Comune all’udienza che ha determinato l’ordinanza, intervengono per chiedere chiarimenti.
“Le campagne dell’agro di Salice – dice Ligori – rischiano di diventare l’Eldorado del fotovoltaico selvaggio grazie al provvedimento del Consiglio di Stato in un giudizio nel quale il Comune risulta essere contumace, cioè non assistito da un proprio difensore. Tale comportamento dell’Amministrazione risulta sospetto”.
Manno, da parte sua, ha già presentato al sindaco Donato De Mitri un’articolata interrogazione per conoscere “le motivazioni per cui, l’avvocato Valeria Pellegrino (legale del Comune, ndr) non si è costituita e non ha partecipato all’udienza” del Consiglio di Stato.
Il compito di rispondere all’opposizione è toccato, dunque, all’assessore Fina: “Il ricorso in appello – spiega – è stato notificato al Comune e non, come invece avrebbe dovuto, presso il domicilio del nostro legale. Tale difetto comporta l’inammissibilità del ricorso. Abbiamo valutato d’intervenire nel giudizio d’appello, pertanto, solo dopo lo scadere dei termini al fine di evitare che la nullità della notifica potesse essere sanata dai ricorrenti. Ora che i termini sono scaduti stiamo chiedendo la riforma dell’ordinanza di sospensione. Si è trattato – conclude - di una strategia processuale che, ove accolta, metterà il Comune al riparo da ogni pronuncia sfavorevole; nel caso contrario, invece, la nostra costituzione in giudizio ci permetterà comunque di opporci (in sede di esame di merito del ricorso in appello, ndr) alla riforma della sentenza di primo grado”.
Rosario Faggiano