LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO – Suppl. “Terre d’Otranto: storia, cultura, tradizioni” ( pp. 136-139 - 9/8/18)

BRINDISI/LECCE/TARANTO

Enoturismo in crescita, a tavola la scoperta del rosé

Enoturismo in crescita, a tavola la scoperta del rosé



Il Salento dei vini rosati e dell’enoturismo in crescita. Lo attestano le stime ufficiali, ma anche gli operatori del settore. Oggi la provincia di Lecce, ricca di ben otto Doc (Alezio, Copertino, Galatina, Leverano, Matino, Nardò, Salice Salentino e Squinzano), vanta produzioni di qualità messe in campo da numerose Cantine dotate di strutture, tecnologie e organizzazioni aziendali all’altezza delle sfide dei mercati.

Il consumo dei rosé, soprattutto a livello internazionale, ha registrato un’impennata proprio negli ultimi anni, in primo luogo negli Stati Uniti dove c’è stato un incremento di vendite pari al 53 per cento (dati Nielsen). L’Italia è fra i maggiori paesi produttori ed esportatori della particolare tipologia di vino. E proprio dalla Puglia proviene il 40 per cento dei rosati italiani, di cui circa metà prodotti ed imbottigliati nel Salento. D’altra parte non poteva essere diversamente, visto che nella provincia di Lecce, esattamente a Salice Salentino, nel 1943 è nato il primo rosato nazionale (il Five Roses della Leone de Castris).

«Il connubio tra Salento e rosato - spiega Marco Mascellani, enologo di Leone de Castris - non è casuale: abbiamo un territorio vocato e uve con caratteristiche adeguate. Storicamente il nostro rosato è ottenuto da Negroamaro. Con la crescita del rosato salentino, però, si è ampliata molto la varietà di uve utilizzate».

«Il rosato – conferma Claudio Quarta, titolare di “Moros” ed “Emera” – sta vivendo finalmente la giusta riscoperta da parte del mercato, soprattutto giovane e femminile, grazie anche alle tante e tutte interessanti versioni offerte».

La produzione, dunque, è ormai diversificata. Oltre ad etichette di rosé a base di Negroamaro (in dialetto “Niuru Maru”), oggi l’offerta delle Cantine salentine è completata da altri rosati ottenuti da uve Susumaniello, Primitivo, Aleatico, Ottavianello e Malvasia nera.

«I vini rosati – aggiunge Ennio Cagnazzo, enologo e direttore tecnico di “Vecchia Torre” - sono stati da sempre trascurati e poco apprezzati. Possiamo confermare, tuttavia, che negli ultimi anni c’è una forte tendenza a bere più rosati. Di solito questi vini si caratterizzano per la loro freschezza, il moderato contenuto alcolico e la facilità di beva. Si tratta di vini versatili, adatti a ogni tipo di pasto».

L’importanza di puntare sui rosati è stata sancita anche con l’intesa, presentata all’ultimo Vinitaly, sottoscritta dai Consorzi delle Doc Salice Salentino, Castel del Monte, Cerasuolo d’Abruzzo, Veltènesi Chiaretto e Chiaretto di Bardolino.

«Fare sistema – afferma Damiano Reale, presidente del Consorzio vini Salice Salentino – è necessario per conquistare l’interesse dei buyers internazionali al fine di aumentare le quote di mercato. Il vino rosato, compreso quello prodotto nel Salento, rappresenta un patrimonio da tutelare e diffondere: per far questo occorre puntare sulla diffusione delle cultura che sta alla base delle produzioni d’eccellenza».

Anche per Ilaria Donateo, presidente di “DeGusto Salento”, il trend dei vini rosati è in crescita. «Basti pensare – sottolinea - che molte aziende stanno investendo, puntando anche a rosati strutturati, con affinamenti particolari, per iniziare a parlare di longevità».

Sull’importanza del nuovo Corso di Laurea in Viticoltura ed Enologia di Unisalento, si sofferma Massimiliano Apollonio, presidente di Assoenologi Puglia, Calabria e Basilicata: «Il nuovo Corso di Laurea – dice - contribuirà a valorizzare le produzioni pugliesi e salentine. Auspico un centro di coordinamento di tutte le eccellenze che abbiamo in Puglia che spesso, per un motivo o per l’altro, non riescono a collaborare».

Accanto al successo dei rosati salentini (ma anche dei rossi e dei bianchi), negli ultimi anni si è affacciata una nuova prospettiva di sviluppo del territorio, legata all’enoturismo. Oggi il Salento vanta notevoli potenzialità, grazie anche all’impegno delle aziende vitivinicole che hanno contribuito a valorizzazione habitat rurali (“terroir”) e a migliorare i propri servizi di accoglienza, soggiorno, degustazione e vendita.

Il XIV rapporto sul turismo del vino in Italia, presentato lo scorso febbraio alla Bit di Milano da “Città del vino”, pur confermando “la buona salute” del settore, evidenzia però la necessità di migliorare ulteriormente le “reti di collaborazioni tra Enti pubblici e operatori privati”.

«L’enoturismo – afferma l’enologo Angelo Maci, presidente di “Cantine Due Palme” - rappresenta un volano di sviluppo per l'agricoltura italiana ma soprattutto salentina. La nuova disciplina sull’enoturismo, introdotta di recente nell’ordinamento italiano grazie all’iniziativa del senatore Dario Stefano, darà sicuramente nuovo impulso sociale ed economico al settore vitivinicolo».

«L’obiettivo di una azienda che sceglie di investire nell’enoturismo – conclude Giuseppe Coppola, titolare di “Coppola 1489” - è anche quello di raccontare e far trasparire non solo la qualità e la storia che ci sono in un calice, ma anche la fatica e i sacrifici di chi lavora la terra».
Rosario Faggiano






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